Sul Corriere Milanese di ieri la notizia che il Comune intende
imporre il numero chiuso all'immigrazione dei ROM a Milano. In città
pare che i ROM siano circa 6000, un numero rilevante. L'assessore
Mariolina Moioli ricorda l'approccio del Comune: la firma di un patto
di legalità tra l'amministrazione e i ROM, in cambio di accoglienza. Ma
il numero attuale, per Moioli, è troppo elevato. Il suo approccio
peraltro non è condiviso da tutta la maggioranza, visti i comportamenti
di esponenti di AN e Lega nel caso di Opera (in occasione dell'incendio
di un campo nomadi provvisorio) e del Parco Lambro (petizione per
impedire il raddoppio degli spazi a disposizione della struttura di Don
Colmegna). L'opposizione, che pure aveva apprezzato il lavoro della
Moioli, per ora pare si limiti a dire che va bene il numero chiuso, ma
quelli che ci sono devono restare. Tra l'altro, è probabile che
l'immigrazione dei ROM possa aumentare in futuro, soprattutto dalla
Romania: essendo cittadini europei, hanno diritto alla libera
circolazione.
Ora, il problema non è restare, ma come. Ciò che colpisce nel dibattito (mediatico) delle forze politiche è la grande superficialità e non conoscenza dei problemi (e delle opportunità).
Alcuni elementi per capire:
- il popolo zingaro non è solo ROM, ma ci sono almeno una decina di ceppi diversi, Sinti, Mamouches, Kalderasa, Korakhana, etc. L'origine è unica (India, è evidente nella lingua comune a tutti), sono in Europa (e in Italia) dal XIV° secolo: dalla Persia lungo il bacino del Mediterraneo in Spagna e Francia, dalla penisola Balcanica verso Ungheria, Italia, Austria e Germania.
- ogni ceppo ha tradizioni, cultura, approcci al territorio e al lavoro diversi (con mestieri tradizionali differenti: giostrai, fabbri, allevatori di bestiame)
- alcuni si sono integrati (i ROM abruzzesi) altri mai, conservano comunque tutti orgogliosamente un legame con le loro tradizioni
- da un'iniziale tolleranza, si è passati all'isolamento e all'ostracismo, per arrivare al genocidio (III Reich)
- la loro integrazione o inclusione sociale non può essere trattata
in modo univoco, occorre analizzare non solo il gruppo di appartenenza,
ma la situazione concreta in cui si muovono
L'Unione Europea ha definito quello dei ROMA People come una priorità di intervento,
e ha definito approcci, politiche e assi di finanziamento. Il governo
Rumeno, appena integrato nell'Unione Europea, nonn può esimersi
dall'affrontare il tema, per lo meno per quei cittadini rumeni che
fanno capo alla comunità ROM: lo sta già facendo per i residenti, ma il
governo italiano potrebbe concordare poltiche comuni sui cittadini che
si trovano in Italia (come del resto ha fatto nel caso dell'Albania).
Per quanto riguarda i Roma People che si trovano sul territorio italiano vanno studiate politiche di inclusione che tengano conto delle specificità delle comunità, e articolare un inttervento di intesa con i governi locali. Si tratta di studiare percorsi di inclusione che partano dal censimento dei bisogni e delle competenze, che avvii le comunità disponibili all'inserimento lavorativo e alla definizione di condizioni abitative civili (molti campi oggi si trovano in luoghi "tristi" delle periferie, accanto alle discariche di rifiuti). Nel contempo, con i rappresentanti delle comunità (i nomadi hanno una loro struttura gerarchica interna), vanno presi accordi perché il diritto di cittadinanza si accompagni ai doveri di qualsiasi cittadino residente: rispetto delle leggi, rifiuto del furto e dell'accattonaggio come mezzi di sostentamento.
L'ISMU è una fonte preziosissima di informazioni sulla presenza, cultura, problematiche dei nomadi. La Caritas
svolge da tempo una attività intensa su questi temi. Occorre sottrarre
all'emozionalità e all'emergenzialità il dibattito, e definire approcci
e politiche utili a includere tutti quelli che sono disposti a farlo
nell'alveo di una normalità sociale
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